7 Febbraio 2025
Simone De La Feld @SimoneDeLaFeld1
La Sinistra Europea e i Verdi chiedono che la questione venga programmata con urgenza, già a marzo. In gioco c’è la chiusura di circa 3.000 attività nei settori della cannabis a basso contenuto di THC, cosmetici, floricoltura, integratori alimentari, fitoterapia
Bruxelles – Avanza l’azione delle associazioni agricole italiane in difesa della filiera della canapa industriale, presa di mira da due provvedimenti del governo Meloni che di fatto vietano la produzione e il commercio di infiorescenze e derivati di canapa e classificano le composizioni per uso orale di CBD tra le sostanze stupefacenti. La petizione presentata da diverse sigle nazionali lo scorso settembre è stata accolta dalla Commissione per le petizioni (PETI) del Parlamento europeo. Il suo presidente, il conservatore polacco Bogdan Rzońca, ha chiesto alla Commissione europea di “condurre un’indagine preliminare sulla questione”.
Nella risposta rivolta al presidente di Canapa Sativa Italia, Mattia Cusani (primo firmatario della petizione che ha raccolto i sì di Confagricoltura, Cia, Copagri, Cna Agroalimentare, Unci, Liberi Agricoltori, Altragricoltura, Associazione Florovivaisti Italiani, Federcanapa, Sardegna Cannabis, Assocanapa, Resilienza Italia Onlus, Canapa delle Marche, European Industrial Hemp Association -EIHA e della francese UPCBD) la commissione PETI ha sottolineato che la Corte di giustizia dell’Unione europea, con sentenza del 4 ottobre 2024, ha stabilito che gli Stati membri non possono imporre restrizioni alla coltivazione di canapa industriale, comprese la coltivazione indoor e la coltivazione esclusivamente per la produzione di infiorescenze, a meno che tali restrizioni non siano supportate da prove scientifiche fattuali relative alla tutela della salute pubblica. Fonti del Parlamento europeo confermano che nessun gruppo parlamentare si è opposto a quanto ordinato da Rzońca.
A questo punto, oltre alla richiesta alla Commissione Europea di rispondere nel merito, la stretta securitaria del governo italiano sulla produzione e il commercio di canapa e derivati della canapa sarà posta all’ordine del giorno delle riunioni della Commissione per le petizioni. La commissione potrà invitare lo stesso Cusani o un altro dei firmatari a discutere la petizione in aula. Canapa Sativa Italia, insieme a Imprenditori Canapa Italiana, Resilienza Italia Onlus e Sardinia Cannabis, aveva già consegnato una lettera alla Commissione Europea nel giugno 2024. Ora, però, è il Parlamento a chiedere a Bruxelles di prendere posizione.
Valentina Palmisano, europarlamentare del Movimento 5 Stelle e membro della Commissione petizioni, e Cristina Guarda, europarlamentare della Sinistra Verde e vicepresidente della Commissione petizioni, hanno chiesto che la petizione venga programmata con urgenza, già a partire dalla prossima seduta di marzo. “Data l’urgenza della situazione e il suo impatto sugli obiettivi aziendali, occupazionali e ambientali, chiediamo che questa petizione venga discussa con urgenza in commissione e che venga inserita all’ordine del giorno di marzo, se possibile (aprile, se non possibile)”, si legge nella richiesta formale del gruppo Sinistra Europea, di cui il Movimento 5 Stelle è membro a Bruxelles. Una richiesta simile è stata presentata dal gruppo Verdi, di cui Cristina Guarda è membro.
Un’esigenza resa impellente anche alla luce della tempistica prevista a Roma, dove il disegno di legge sulla sicurezza dovrebbe essere discusso al Senato all’inizio di marzo. Palmisano, che già quest’estate aveva presentato un’interrogazione alla Commissione europea per sollecitarne l’intervento sulla questione, si è detta “molto soddisfatta” dell’accoglimento della petizione, sottolineando il “furore ideologico” con cui il governo Meloni “ha messo in crisi migliaia di piccole e medie aziende agricole, commercianti e lavoratori che hanno investito in questo settore in tutta legalità”.
Disegno di legge sulla sicurezza e decreto CBD, le presunte violazioni del diritto europeo
In gioco ci sono 3.000 aziende, circa 15.000 lavoratori e un settore in crescita che vale già 500 milioni di fatturato all’anno. Infatti, l’emendamento 13.06 al disegno di legge sulla sicurezza vieterebbe la produzione e il commercio di infiorescenze e derivati di canapa, anche con un contenuto di THC inferiore allo 0,2 per cento, colpendo non solo i piccoli rivenditori di CBD, canapa sativa L con basso contenuto di THC che non produce effetti psicotropi, ma anche filiere agroindustriali d’eccellenza come la cosmetica, la floricoltura, gli integratori alimentari e l’erboristeria. Inoltre, con un decreto entrato in vigore lo scorso 5 agosto (sospeso un mese dopo dal TAR del Lazio), il governo ha equiparato le composizioni orali di CBD agli stupefacenti, limitandone la vendita alle sole farmacie con ricetta non ripetibile. Secondo le associazioni di categoria, entrambe le misure violerebbero gli articoli 34 e 36 del Trattato sul funzionamento dell’UE, che definiscono il principio della libera circolazione delle merci.
Tuttavia, Roma ha anche commesso un errore procedurale: entrambe le misure non sarebbero state notificate al TRIS, il meccanismo europeo incaricato di concordare con gli Stati membri possibili adeguamenti per evitare violazioni del diritto dell’UE.
Versione inglese a cura di Translation Service of Withub