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Marco Ribechi
06 Oct 2022
La Cannabis medica è ormai una terapia che sta riscontrando sempre più sostenitori in tutto il mondo. Infatti è in continuo aumento il numero degli stati che ha approvato o sta approvando l’utilizzo della pianta per la cura di svariati tipi di patologie. Seppur con forte ritardo è in aumento anche la quantità di ricerche e studi scientifici che ne identificano nuove applicazioni. In Italia, seppur la legge sia avanzata, sono ancora troppi gli ostacoli per l’accesso
Per capire il rapporto dell’Italia con la Cannabis medica bisogna risalire al lontano 1990 quando nella Penisola viene redatto un decreto atto a raccogliere e disciplinare le leggi in materia di stupefacenti e sostanze psicotrope per la cura e riabilitazione di differenti stati di tossicodipendenza. Il decreto in questione, seppur rivolto a tutte le sostanze in generale, rappresenta anche l’avvio per la disciplina riguardante la Cannabis terapeutica che, di fatto, diverrà autorizzata nel 2006.
A partire da questa data, che pone l’Italia estremamente all’avanguardia rispetto agli altri paesi europei essendo uno dei primi stati a legiferare sulla questione, i medici possono prescrivere ai propri pazienti “preparazioni magistrali, da allestire da parte del farmacista in farmacia”, usando una sostanza vegetale a base di Cannabis.
Dal 2015 invece è stata permessa la coltivazione della pianta che viene prodotta (in quantità troppo ridotta. A questo proposito leggi “Cannabis medica italiana, la carica dei 101 (kg)”) dall’esercito nello stabilimento di Firenze. Si parla in particolare della “Cannabis FM-2” (THC 5-8% e CBD 7,5-12%), prodotta in conformità alle direttive europee in un processo controllato ed eseguito dall’AIFA- Agenzia Italiana del Farmaco. Il THC e il CBD possono essere utilizzati in medicina in relazione a molte malattie neurodegenerative, metaboliche, tumorali, epilessie farmacoresistenti, nel dolore cronico.
In ambito medico c’è quindi accordo totale sull’assoluta utilità ed efficacia della pianta per la cura di determinate patologie essendo coinvolta nella sua produzione e diffusione proprio la massima autorità italiana in materia e distribuita dall’Organismo statale per la cannabis, attivo presso il Ministero della Salute. Preparazioni magistrali a base di Cannabis FM2 possono essere prescritte da qualsiasi medico abilitato e iscritto all’Ordine dei Medici mediante prescrizione magistrale non ripetibile (RNR). Come per ogni scelta terapeutica, la decisione di prescrivere preparati a base di cannabis va condivisa con il paziente ed è onere del medico prescrittore informare il paziente riguardo ai benefici e ai potenziali rischi dell’uso della cannabis e raccogliere il consenso informato scritto del paziente. Per ogni paziente in trattamento è possibile utilizzare cannabis con diverse modalità di assunzione: per via orale, come decotto, o per via inalatoria mediante vaporizzatore.
Secondo il Ministero, l’uso medico della cannabis “non può essere considerato una terapia propriamente detta”, ma un trattamento di supporto rispetto alle terapie standard, nel caso in cui non producano gli effetti desiderati. La sostanza può essere usata, in particolare, in sei circostanze: come analgesico per le patologie che provocano spasticità e dolore; come analgesico contro il dolore cronico, come rimedio agli effetti della nausea e del vomito causati da chemioterapia, radioterapie e terapie per HIV, per stimolare l’appetito nell’anoressia, nei pazienti oncologici o affetti da AIDS, per stimolare l’effetto ipotensivo nel glaucoma resistente alle altre terapie, per ridurre movimenti involontari nella sindrome di Tourette.
Nonostante l’iter di accesso alla Cannabis sia, almeno sulla carta, relativamente semplice, esistono delle problematiche molto frequenti che non permettono l’approvigionamento della pianta ai pazienti. Il primo problema è di tipo conoscitivo: molti medici si rifiutano anche solo di considerare la Cannabis come opzione terapeutica perché non la conoscono e non vogliono conoscerla oppure perché hanno pregiudizi culturali nei confronti di quella che, nel linguaggio comune dopo decenni di repressione, è considerata una “droga”. Sarebbe quindi necessario sviluppare molti corsi di formazione per medici e farmacisti come ad esempio quello estremamente interessante avviato on line lo scorso anno: “Cannabis terapeutica: la scintilla del cambiamento”. La seconda barriera all’accesso, una volta reperito il medico, è trovare una farmacia in grado di preparare la ricetta. Sono circa 600 su 19.000 totali in Italia e non è detto che abbia a disposizione il materiale necessario per la preparazione del farmaco. Infatti in Italia c’è sempre una grande carenza di Cannabis medica legata alla scarsa produzione nazionale e alle esigue importazioni. Questo fa sì che i pazienti si trovino sistematicamente a fine anno con mancanza di terapia per curare le proprie patologie spesso gravi e molto dolorose. La rimborsabilità dei medicinali a base di Cannabis è inoltre legata alle leggi regionali. Per cui due pazienti affetti dalla stessa patologia e che utilizzano la stessa terapia potranno ottenere o meno il rimborso a seconda della regione di appartenenza. Un approccio assolutamente antidemocratico indice di forte pregiudizio che non avverrebbe mai con altri tipi di terapie o farmaci.