Erba e musica, un connubio che merita un Daspo

15 Novembre 2023

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Claudio Cippitelli

  • Valle dell’Angelo, in provincia di Salerno, è il comune meno popoloso della Regione Campania. L’esiguità della sua popolazione è l’emblema di quanto sta accadendo nelle aree interne del nostro Paese, uno spopolamento che ha ridotto i 1.644 abitanti registrati nel 1881 alle attuali 217 anime. Ad alleviare almeno parzialmente questa condizione di isolamento, da cinque anni Valle dell’Angelo diviene il palcoscenico del VdA Music Potlach, una manifestazione musico-culturale del Cilento, organizzata dall’associazione culturale VOJTO e patrocinata dal Comune. Sul sito che promuove l’iniziativa si può leggere che “VdA Music Potlach è un’occasione di interazione e di confronto, un esperimento di comunità basata sulla musica, la socialità, la parola; … l’idea e la voglia di puntare sull’interscambio culturale per valorizzare e far conoscere i luoghi del Cilento interno che resiste, e favorire l’unione attraverso la libera diffusione della musica e dell’arte.” Insomma, in un week end di fine aprile Valle dell’Angelo torna a risuonare della presenza di giovani, venuti per ascoltare quindici Band e cantautori.  Tutto bene, dunque, se non fosse che nell’ultima edizione, quella del 2023 una delle band, la Only Smoke Crew, viene accusata di essere composta da soggetti particolarmente pericolosi, tanto da meritare un daspo urbano dalla Questura di Salerno, ovvero il divieto di rientro nel Comune di Valle dell’Angelo per un anno, causa inneggiamento all’uso di marijuana”.
  • I fatti che hanno portato al provvedimento, si possono riassumere in una scenetta che accompagna il pezzoFatti dei fatti(un incontro tra un pusher, un acquirente e un agente delle forze dell’ordine) e, nel branoWelcome to my paradise”, l’esposizione di uno spinello gigante gonfiabile di Cbd, notoriamente legale. Il gruppo inoltre distribuisce delle bustine con all’interno un QR Code per pubblicizzare i loro social. Questi tre episodi, tutti perfettamente legali, hanno motivato una perquisizione da parte delle Forze dell’Ordine e il successivo sequestro dei materiali distribuiti. Passa del tempo e, mentre il Tribunale di Vallo della Lucania restituisce tutto per assenza di reato, il 6 giugno la Questura di Salerno consegna ai membri della Crew, descritti comesoggetti socialmente pericolosi”, un provvedimento di Daspo urbano che ne vieta il rientro nel Comune di Valle dell’Angelo per un anno, pena da 1 a 6 mesi di arresto.

Per capire l’enormità del fatto, è utile leggere la parte che riguarda la provincia di Salerno nella relazione della Direzione Investigativa Antimafia del primo semestre 2022 sulle organizzazioni criminali: il Procuratore di Salerno, Giuseppe Borrelli rileva una “significativa evoluzione delle modalità di azione delle organizzazioni criminali, in particolare operanti nella zona  a sud di Salerno… riconducibili alla creazione di condizioni monopolistiche in determinati settori economici (…) e si avvalgono della capacità di condizionamento della pubblica amministrazione e della classe politica”.

  • Mentre la criminalità, quella vera, impone le sue logiche, a Caivano come nel salernitano vengono comminate sanzioni amministrative (che, se non rispettate, si possono trasformare in penali) ad artisti che hanno la sola colpa di affermare quanto già scrivevano lapidariamente i Beatles sul Times, il 24 luglio del 1967: “La legge contro la marijuana è immorale in linea di principio e impraticabile nei fatti. Oltre ai fab four, sottoscrivevano l’appello Brian Epstein e un numeroso gruppo di scrittori, artisti e politici. Vista l’aria che tira (nuovi reati per micro-spacciatori ecc.) non è escluso che i Beatles ancora in vita, Paul McCartney e Ringo Starr, possano ricevere un Daspo internazionale per il loro comunicato di 56 anni fa, per “inneggiamento all’uso di marijuana”.

Secondo uno studio la legalizzazione della marijuana medica ha portato alla riduzione dell’uso frequente di oppioidi soggetti a prescrizione non medica

15 novembre 2023

Di Ben Adlin

https://www.marijuanamoment.net/medical-marijuana-legalization-led-to-reduction-in-frequent-use-of-nonmedical-prescription-opioids-study-finds/

Secondo uno studio pubblicato questo mese sull’International Journal of Mental Health and Addiction, la legalizzazione della marijuana medica è associata a una “minore frequenza” dell’uso di oppioidi farmaceutici non prescritti.
Anche se la diminuzione è stata piuttosto piccola – tra circa lo 0,6% e l’1,5% per l’uso regolare e frequente di oppioidi – ed era concentrata nelle persone che soddisfacevano i criteri diagnostici per il disturbo da uso di cannabis, i ricercatori hanno affermato che potrebbe segnalare “effetti di sostituzione con sostituzione parziale degli oppioidi da parte di canapa.”
Il gruppo di ricerca, proveniente dalle scuole di sanità pubblica delle università Rutgers e Columbia, nonché dalla School of Government and Public Policy dell’Università dell’Arizona, ha affermato che i risultati evidenziano “l’importanza di identificare i compromessi della legalizzazione della cannabis come intervento per ridurre la dipendenza dagli oppioidi”. fa male”.

Lo studio ha utilizzato i dati di un’indagine nazionale dal 2004 al 2014 per esaminare l’uso di oppioidi soggetti a prescrizione non medica (NMPO), in particolare gli oppioidi soggetti a prescrizione utilizzati senza prescrizione o in modo diverso da quello prescritto.
Nonostante la diminuzione dell’uso regolare e frequente di oppioidi, lo studio ha anche scoperto che la legalizzazione della cannabis medica (MCL) era associata a un aumento del 2,1% dell’uso occasionale di oppioidi soggetti a prescrizione non medica, definito come da una a 12 volte all’anno.
Quando i ricercatori hanno analizzato ulteriormente i risultati, hanno scoperto che le persone con disturbo da uso di cannabis (CUD) erano a guidare la tendenza. Tra le persone con CUD, il consumo frequente (ovvero da settimanale a quotidiano) di oppioidi è diminuito del 4,9% dopo l’implementazione delle leggi sulla marijuana medica, mentre l’uso occasionale è aumentato del 5,6%.
L’autrice principale dello studio, Hillary Samples, professoressa di sistemi e politiche sanitarie presso la Rutgers School of Public Health, ha affermato che mentre i risultati principali suggeriscono che le persone potrebbero sostituire gli oppioidi con la cannabis, la diminuzione del consumo di oppioidi è modesta e limitata a consumatori di marijuana ad alto rischio. Potrebbe valere la pena tenerne conto dal punto di vista della riduzione del danno, ma non è l’unico modo per affrontare il problema del consumo di oppioidi.

“Potrebbero esserci alcuni vantaggi nel consentire l’accesso legale alla cannabis terapeutica nel contesto dei danni legati agli oppioidi”, ha affermato Samples in un comunicato stampa di Rutgers sullo studio. “Tuttavia, dal punto di vista politico, esistono interventi molto più efficaci per affrontare l’attuale crisi di overdose, come l’aumento dell’accesso al trattamento per la dipendenza da oppioidi”.

“Dal punto di vista della riduzione del danno, questa scoperta potrebbe suggerire che l’implementazione del MCL ha il potenziale per ridurre il rischio di morbilità e mortalità correlata agli oppioidi nei gruppi ad alto rischio con disturbo da uso di cannabis”, afferma lo studio stesso. “Tuttavia, i potenziali compromessi del MCL meritano un’attenta considerazione da parte degli operatori sanitari e dei politici. Le prove esistenti indicano che il MCL è associato ad un aumento del consumo e dei disturbi della cannabis”.
Gli autori hanno affermato che per comprendere meglio l’impatto delle leggi sulla marijuana medica sull’uso degli oppioidi, la ricerca futura “dovrebbe includere anche misure dello scopo o indicazioni per l’uso di cannabis”.
“Sebbene ciò suggerisca che l’implementazione del MCL abbia qualche potenziale per ridurre il rischio di morbilità e mortalità correlata agli oppioidi nei gruppi ad alto rischio con dipendenza da cannabis”, conclude lo studio, “i risultati dovrebbero essere interpretati nel contesto di una letteratura più ampia sull’associazione del MCL con esiti legati alla cannabis e sull’associazione tra consumo di cannabis a livello individuale ed esiti avversi legati agli oppioidi”.

I risultati, sebbene deludenti dal punto di vista della fine dell’attuale epidemia di overdose da oppioidi, contribuiscono tuttavia a un corpus di ricerche che indicano che l’accesso legale alla cannabis può ridurre varie forme di consumo di oppioidi.
Ad agosto, ad esempio, uno studio finanziato dal governo federale ha scoperto che la marijuana era significativamente associata a una riduzione del desiderio di oppioidi per le persone che ne facevano uso senza prescrizione medica, suggerendo che espandere l’accesso alla cannabis legale potrebbe fornire a più persone un sostituto più sicuro.
Uno studio separato pubblicato il mese scorso ha rilevato che l’accesso legale ai prodotti CBD ha portato a riduzioni significative delle prescrizioni di oppioidi, con cali a livello statale compresi tra il 6,6% e l’8,1% in meno di prescrizioni.
Un rapporto di quest’estate, nel frattempo, ha collegato l’uso di marijuana medica alla riduzione dei livelli di dolore e alla riduzione della dipendenza dagli oppioidi e da altri farmaci da prescrizione. Un altro, pubblicato dall’American Medical Association (AMA) a febbraio, ha rilevato che i pazienti con dolore cronico che hanno ricevuto marijuana medica per più di un mese hanno visto riduzioni significative degli oppioidi prescritti.

L’AMA ha anche pubblicato una ricerca che mostra che circa un paziente con dolore cronico su tre riferisce di utilizzare la cannabis come opzione di trattamento e la maggior parte di quel gruppo ha utilizzato la cannabis come sostituto di altri farmaci antidolorifici, compresi gli oppioidi.
Secondo uno studio che ha sfruttato i dati della Drug Enforcement Administration (DEA) federale, la legalizzazione della marijuana a livello statale è associata anche a importanti riduzioni nella prescrizione specifica della codeina oppioide.
Allo stesso modo, uno studio pubblicato l’anno scorso ha scoperto che dare alle persone l’accesso legale alla cannabis terapeutica può aiutare i pazienti a ridurre l’uso di antidolorifici oppioidi o a cessarne del tutto l’uso, senza compromettere la qualità della vita.
Non mancano inoltre rapporti aneddotici, studi basati su dati e analisi osservazionali che hanno segnalato che alcune persone usano la cannabis come alternativa ai farmaci tradizionali come gli antidolorifici a base di oppioidi e i farmaci per il sonno.

Droghe, FDI aumenta le pene ma il colle invoca meno carcere

27 Ottobre 2023

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Leonardo Fiorentini

  • La stretta sulle condotte di lieve entità proposta nel dl Caivano conferma la linea: colpire pesci sempre più piccoli. Mattarella però parla chiaro: in cella solo per delitti gravi. La versione integrale dell’articolo di Leonardo Fiorentini, segretario di Forum Droghe per l’Unità del 27 ottobre 2023.
  • Quando ieri il Presidente Mattarella, ricordando Luigi Daga, magistrato morto 30 anni fa dopo un attentato in Egitto, ha sottolineato il suo impegno “per restringere la carcerazione ai delitti gravi, per offrire l’opportunità di reinserimento sociale dei detenuti attraverso il più ampio ricorso alle misure alternative alla detenzione” il pensiero di molti è andato al dibattito sul Decreto Caivano. Parole chiare quelle del Capo dello Stato che ha richiamato anche l’impegno per “rendere coerente il nostro sistema penitenziario coi principi costituzionali”.
  • Parole pronunciate proprio all’indomani del blitz di Fratelli d’Italia al Senato, dove pare non basti l’aumento a 5 anni della pena massima per la lieve entità per droghe presente nel decreto. Il Senatore Marco Lisei aveva presentato un emendamento che nella sua forma originaria – che martedì aveva ottenuto il parere favorevole del Governo – avrebbe impedito di fatto ai giudici la possibilità di applicarla in giudizio. Prevedeva infatti che il comma 5° dell’art. 73 del Testo Unico, quello che fissa pene minori per fatti che “per i mezzi, la modalità o le circostanze dell’azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze, è di lieve entità”, venisse escluso in caso di condotta a fine di lucro.
  • Una follia giuridica” l’aveva subito definita Riccardo Magi, segretario di Più Europa, ricordando come “già oggi in sette casi su dieci si finisce in carcere proprio con la lieve entità” e che “piuttosto servirebbe un intervento di depenalizzazione che distingua tra le diverse sostanze”. Per il capogruppo del Pd in commissione Giustizia, Alfredo Bazoli, invece si mettevano “sullo stesso piano Pablo Escobar e lo studente che rivende una canna al compagno. Salta il principio di proporzionalità, ed è palesemente incostituzionale“.
  • Dopo le polemiche – e forse qualche colpo di tosse dal Colle – la sera ha portato consiglio. Così l’emendamento Lisei è stato riformulato. Si introduce “solamente” un pesante aggravio per le condotte di lieve entità “non occasionali”: la pena minima triplica a 18 mesi, pur esistendo già l’aggravante connessa alla recidiva. Vista la platea degli accusati di spaccio questo intervento è probabile si trasformi in un aumento generalizzato delle condanne. Con l’aumento di quella massima, volto esplicitamente a rendere possibile la detenzione preventiva (vedi l’Unità del 9 settembre 2023), è lecito prevedere un ulteriore aggravamento della drammatica situazione del nostro sistema carcerario.
  • Una storia travagliata quella della lieve entità. Pur essendo presente una fattispecie di minore gravità già nella legge del 75, il fatto di lieve entità è introdotto dalla legge del 1990, con pene differenziate per sostanza. La ratio è di garantire un minimo di ragionevolezza ad un impianto penale che prevedeva (e prevede tuttora) pene sino a 20 anni di carcere per un reato senza vittima. Con il blitz della Fini-Giovanardi fu abolita la distinzione fra sostanze, portando tutte alla pena massima. Solo dopo la condanna dell’Italia da parte della CEDU per il sovraffollamento carcerario, fra i vari provvedimenti deflattivi nel 2013 fu prevista anche la sua modifica, trasformando quella che prima era solo una circostanza attenuante in una fattispecie autonoma e diminuendo le pene edittali. Le circostanze hanno voluto che questo intervento mitigatore, pochi mesi prima della sentenza della Corte di incostituzionalità della Fini-Giovanardi, ha sottratto al giudizio il comma, facendo sopravvivere la non distinzione fra sostanze. Il legislatore è poi intervenuto poco dopo, ma non ebbe né la forza, né il coraggio, di modificarne l’impianto. Si limitò a diminuirne ulteriormente le pene con l’obbiettivo esattamente opposto a quello di oggi: evitare il carcere preventivo.
  • Lisei giustificando il proprio emendamento originale, svela quale è la concezione della destra rispetto alle droghe: “Se io ho tre piantine in balcone e ne consumo io il prodotto è un conto, ma se invece io lo vendo, è chiaramente un altro caso“. Ovvero, il Senatore – che pure è avvocato – intendeva punire – con l’assenso del Governo – quelli che oggi sono condotte assimilate all’uso personale considerate dalla giurisprudenza “non riconducibili all’ambito di applicazione della norma penale” (Cass. SU 12348/2020) con la norma penale di lieve entità – da 6 mesi a 5 anni – e quello che oggi verrebbe catalogato probabilmente come fatto di lieve entità con le pene ordinarie (da 2 a 6 anni se cannabis, da 6 a 20 se sostanze come eroina e cocaina).
  • La linea del governo, quindi, è sempre più chiara: abbassare, e di molto, il tiro della legge penale, per andare a colpire sempre di più pesci sempre più piccoli. E poi garantire risorse – accentrandole con la Legge di Bilancio al Dipartimento Antidroga – per le comunità: quelle che fanno uscire i nostri ragazzi dal “tunnel della droga” ma passando prima da un Tribunale, oggi finanziabili anche attraverso l’8 per mille. Si tratta di un goffo tentativo di seguire la narrazione della carota e del bastone che già abbiamo conosciuto ai tempi della Fini-Giovanardi. Del resto l’Alfredo Mantovano, ispiratore della legge di allora, oggi è sottosegretario antidroga e uomo forte del Governo Meloni. Per farlo si mistificano evidenze e dati, facendo finta di ignorare come le carceri italiani siano già zeppe di spacciatori e che la legge sulle droghe sia l’effettivo volano della carcerazione in Italia come dimostra ogni anno il Libro Bianco.
  • Nelle stesse ore in cui al Senato è andato in scena questo teatrino proibizionista, il governo usciva sconfitto dal secondo round al TAR del Lazio sul decreto che ha inserito le preparazioni orali a base di cannabidiolo (CBD) nelle tabelle dei farmaci stupefacenti. Il Tribunale Amministrativo ha infatti ritenuto fondato il ricorso promosso da Ici – Imprenditori Canapa Italia contro il Decreto del Ministro della Salute Schillaci, rinviando il giudizio nel merito all’udienza fissata per il prossimo 16 gennaio. Il TAR ha rilevato che il decreto manca del nuovo parere del Consiglio Superiore della Sanità e non è chiara in ordine al “dirimente profilo” degli “accertati concreti pericoli di induzione di dipendenza fisica o psichica”, peraltro smentiti addirittura dall’OMS (vedi l’Unità del 5 settembre 2023). Il TAR reputando “fondati, sia pure a un sommario esame, i vizi di carenza istruttoria e di vizio di motivazione” e non ritenendo sussistere imminenti rischi per la salute pubblica ha sospeso il provvedimento sino all’udienza di merito all’inizio del 2024.
  • La maggioranza sembra però troppo impegnata ad approvare norme manifesto per ascoltare i moniti e la scienza. Siano quelli del Capo dello Stato, dei Tribunali o dell’OMS. Oppure dell’ONU, che insiste nel chiedere depenalizzazione dei fatti minori, minore carcerazione e rispetto della proporzionalità delle pene per droghe (vedi l’Unità del 22 settembre 2023). Di fronte alle difficoltà del Governo Meloni, a partire dalla manovra di bilancio, la risposta pare essere la solita: populismo penale e norme manifesto, rigorosamente a costo zero. Ma solo fino alla loro approvazione: perché le ricadute saranno gravi, prima su coloro direttamente colpiti dall’insensata clava penale, poi sul sistema penitenziario e quindi su una società che continua a consentire che le carceri vengano usate – come ammoniva inascoltato Sandro Margara – come “discarica sociale” e le politiche penali come strumento di propaganda.
  • [Articolo pubblicato in versione ridotta su l’Unità del 27 ottobre 2023]