29 Novembre 2024
Leonardo Fiorentini su l’Unità del 26 novembre 2024
Salvini e il suo Codice della Strage: con il nuovo Codice della Strada torna la penalizzazione del consumo di droghe.
Il nuovo Codice della Strada è legge dello Stato. Già definito “Codice della Strage” perché predilige un approccio repressivo su cause marginali dell’incidentalità, dimenticando la prevenzione delle sue cause principali, come l’alta velocità e la distrazione. Un Codice forte con i deboli e debole con i forti, che in piena continuità con il pensiero del Ministro Salvini, limita controlli e sanzioni sui veicoli a motore e rende più difficile la vita per gli utenti deboli della strada.
Il provvedimento cavalca l’onda emotiva dei casi mediatici e, come anticipato su queste pagine il 6 luglio 2023, modifica le previsioni sulla guida sotto effetto di droghe, con una norma manifesto, puramente ideologica e inutilmente repressiva.
Riguardo alle sostanze stupefacenti viene infatti espunto dall’articolo 187 del Codice il concetto di “stato di alterazione psico-fisica” alla guida, ovvero il comportamento del consumatore di sostanze psicotrope che concretamente mette a rischio la propria e altrui incolumità, che è alla base della previsione del reato di pericolo. Così rende punibile – con l’ammenda da euro 1.500 a euro 6.000, l’arresto da sei mesi ad un anno e la sospensione della patente di guida da uno a due anni – anche l’uso di sostanze ore, giorni, forse settimane prima del mettersi al volante.
Sgombriamo il campo dagli equivoci. Non si deve guidare dopo aver usato sostanze che compromettono il proprio stato psicofisico: vale per l’alcol come per altre sostanze psicotrope, legali o illegali che siano. Ma qui la norma va ben oltre.
Bisogna considerare che il test salivare sul posto, già previsto dal Codice, può rivelare tracce di sostanze – senza mai fornire informazioni sull’effettiva quantità presente – anche ore dopo la loro assunzione e quando gli effetti sono scomparsi. Vale per il THC, presente almeno fino a 14 ore nella saliva, come per la cocaina rilevabile sino a 24 ore dopo l’assunzione e per gli oppiacei e le amfetamine che arrivano fino a 72 ore. Scopriremo solo dalle cronache se basteranno un’anestesia dal dentista o le goccine per la tosse, prese per riuscire a dormire la notte prima, per vedersi ritirare la patente e confiscata la macchina. Negli esami tossicologici su sangue o urine, previsti in caso di impossibilità di fare il tampone al momento del controllo, aumentano poi i tempi di permanenza, sino a quasi un mese per i metaboliti della cannabis. Qui rientrano in gioco anche le altre sostanze non rilevate dai test salivari, come le benzodiazepine e i barbiturici, che pur utilizzate seguendo pedissequamente le indicazioni del medico, rimangono nelle urine fino ad una settimana dopo la loro ultima assunzione.
Se sono a rischio coloro che usano derivati dell’oppio come antidolorifico o per sedare la tosse, figuriamoci i pazienti che si curano con cannabis terapeutica, che già oggi faticano a convincere le commissioni provinciali che il loro uso è compatibile con la guida, nonostante le recenti evidenze scientifiche.
La scienza negli ultimi anni si è infatti particolarmente interessata della pericolosità dell’uso di cannabis alla guida. Con l’aumentare degli Stati che ne hanno legalizzato l’uso, si è approfondito anche come legiferare in modo da prevenire e sanzionare comportamenti pericolosi e al tempo stesso non colpire le persone per il solo fatto di avere tracce di THC nella saliva, nelle urine o nel sangue. Studi statistici evidenziano un rischio di incidente molto limitato – al pari di quello di parlare al vivavoce – per gli utilizzatori di cannabis. Altri studi non hanno rilevato alterazioni alla guida (simulata) sotto effetto di cannabis, se non quello del guidare a velocità più bassa. Ulteriori hanno verificato la non diretta correlazione fra quantità di THC presente nel sangue e abilità alla guida, rendendo di fatto fuorviante fissare soglie. Ma si tratta pur sempre di studi limitati alla guida simulata, per cui vale quanto scritto sopra rispetto al non guidare dopo aver assunto cannabis.
Certo, per il Codice il controllo specifico sulle droghe dovrebbe essere in qualche modo “motivato”: ma il ragionevole motivo è un concetto così vago che lascia spazio alla discrezionalità delle Forze dell’Ordine, già sotto la lente di ingrandimento per l’attività di profilazione denunciata da più parti. Scegliere fra fare il posto di blocco del sabato sera di fianco ad una discoteca o fermare le “zecche rosse” all’uscita di un Centro Sociale da domani non sarà più solo una scelta logistica.
Risultare positivi significa infatti trovarsi di fronte ad un Mostro a tre teste: prima la sanzione penale con tutto quello che ne consegue, poi l’iter infinito per riottenere la patente, tanto lungo quanto costoso da far impallidire quello per il lasciapassare A-38 delle XII fatiche di Asterix. Nel mezzo il percorso di stigmatizzazione e di desocializzazione insita nella lesione del diritto a muoversi, che per alcuni oltre alla patente può anche costare la perdita del lavoro.
I numeri sono piuttosto chiari: secondo l’Istat nel 2023 in Italia solo 1813 incidenti con lesioni (il 3,2% del totale) sono stati correlati ad almeno una violazione dell’art. 187, in diminuzione rispetto al 2019 (3,4%). Vedremo quanto e come aumenteranno queste statistiche, che già oggi non distinguono rispetto alla responsabilità reale dell’incidente, e domani nemmeno sull’effettiva alterazione alla guida.
Torna così, dalla finestra del Codice della Strada, la penalizzazione del consumo di droghe che era uscita dalla porta del referendum del 1993. Coloro, fra i circa 40 milioni di patentati, che usano sostanze rischieranno carcere, multa e sospensione della patente. A nulla varrà che evitino comportamenti pericolosi, a nulla varrà che siano sostanze legalmente prescritte: basterà la positività. Niente di nuovo sul fronte occidentale: le persone che usano sostanze (illegali) sono in fondo uno dei nemici preferiti del Ministro Salvini, oggi si aggiungono ciclisti, autovelox e limiti di velocità. Parte così l’ennesima crociata: quando ne comprenderemo le conseguenze e i danni reali, sarà comunque troppo tardi